15 Luglio 2013
Un team di specialisti al servizio del malato per una miglior gestione della malattia
Esistono varie forme di tumore prostatico, più o meno aggressive: alcune con tempi di crescita molto lenti, altre in cui le cellule si moltiplicano rapidamente tanto da invadere i tessuti circostanti e originare metastasi. In questo scenario, la sopravvivenza dalla diagnosi supera l’85%, grazie anche alla possibilità di intervenire scegliendo la strategia migliore in termini di efficacia: chirurgia, brachiterapia, radioterapia, terapia ormonale, sorveglianza attiva e vigile attesa.
Tenendo sempre in considerazione come ogni terapia presenti i propri limiti e i propri effetti collaterali, ciascun medico sceglie di intervenire da un lato tenendo in considerazione diversi fattori, ma dall’altro prediligendo spesso un proprio approccio, così l’urologo tenderà a optare per la chirurgia, il radioterapista per la radioterapia e così via.
«La multidisciplinarietà — spiega Giario Conti, presidente della SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica) — rappresenta un approccio vincente che vede urologi, oncologi, radioterapisti e psicologi lavorare insieme nell'ottica di una migliore gestione del paziente. Alcuni studi lo hanno dimostrato, numeri alla mano: i risultati che si ottengono sono migliori se a seguire il malato c'è un team e non un singolo specialista» .
Dall’esperienza di alcuni paesi europei, come Germania, Inghilterra e Olanda, dove queste sinergie multidisciplinari sono già applicate in modo abituale, nasce il progetto PerSTEP (Percorso teorico-pratico in ambito uro-oncologico), promosso e ideato dalla SIUrO e dal CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) con l’obiettivo di diffondere questo modello anche sul territorio italiano.
Collaborano a questa iniziativa quattro centri pilota: La Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’Ospedale Sant’Anna di Como, il Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna e gli Ospedali Riuniti di Bergamo.
La finalità del progetto è quella di confrontare tra loro le diverse strategie applicate nei centri, alcune delle quali basate già su un approccio multidisciplinare e multiprofessionale, e trovare un modo per modificare la propria struttura organizzativa e coinvolgere le diverse figure specialistiche: urologo, oncologo radioterapista, oncologo medico, andrologo, fisioterapista, infermiere psicologo, radiologo e uropatologo.
«Essere seguiti da un team multidisciplinare – conclude Giario Conti – ha tre vantaggi, come è stato provato da recenti ricerche scientifiche. Primo: garantisce una migliore informazione e comunicazione con il paziente, che può così davvero scegliere con cognizione di causa la terapia che ritiene più adatta a sé fra quelle proposte. Secondo: ci sono maggiori probabilità che vengano seguite le Linee guida per il trattamento della patologia, visto che i vari specialisti si confrontano e analizzano insieme il caso. Terzo: in questo modo le terapie si rivelano più efficaci».